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Viaggio in Sicilia

29/10/2020

Quella festa piena di tradizione che emoziona i più piccoli

Scivola dal letto prima ancora che la sveglia suoni. Tutta la notte si era rigirato tra le coperte. Sperava di sentirli, ma nulla. Eppure era stato sveglio, ne era sicuro. Aveva acceso la tv, poi aveva giocato con le costruzioni. Aspetta, ma quel film che stava guardando com’era finito? Non se lo ricordava… Ma ne era certo: non aveva mica dormito! Aveva persino letto il fumetto che papà gli aveva comprato. Dov’era finito? Ah, eccolo, dentro le lenzuola. Che strano, si ricordava di averlo appoggiato sul comodino… Aveva aspettato per tanto tempo, ma dei nonni nessuna traccia.

Ci aveva pensato per due lunghe settimane a questa strana storia dei morticini. Da quando la maestra l’aveva raccontata in classe. Pare che in Sicilia la notte tra l’1 e il 2 novembre le anime dei defunti vadano a trovare i loro cari e che portino doni e dolciumi ai bimbi della famiglia, un po’ come Babbo Natale insomma. “Si tratta di un’usanza molto antica - aveva spiegato la maestra - che risale al X secolo”, che significa a tantissimo tempo fa. Aveva aggiunto che era stata la Chiesa a scegliere il 2 novembre come giorno per ricordare in tutto il Paese i cari e gli amici che non ci sono più, si chiama… come aveva detto la maestra?!… ah, sì: Commemorazione dei Defunti, e che in quel giorno è un po’ come se tutti ci ritrovassimo di nuovo insieme.

Come sarebbe stato bello stare ancora un po’ con i nonni! – aveva pensato. A lui mancavano, tanto. Che cosa strana però: i morticini che tornano a trovare i vivi: ci sarà da fidarsi?
Tornato a casa non aveva detto nulla a mamma e a papà: voleva rifletterci da solo. Ormai era grande, aveva sette anni ed era in grado di decidere se credere a una simile storia o no.
Riabbracciare i nonni: più ci pensava e più era felice. E poi un regalo: si sarebbero ancora ricordati dei giocattoli che gli piacevano? E chissà i dolcetti che gli avrebbero donato: nonna sapeva che andava pazzo per il cioccolato alle nocciole, una barretta gliela avrebbe sicuramente portata e magari l’avrebbero anche mangiata insieme, come facevano una volta, sul divano davanti alla tv, di nascosto da mamma.
Troooppo bello!
Sì, questa festa dei morticini gli piaceva proprio, c’era da crederci sicuramente!

I giorni passavano e l’emozione cresceva. Aveva parlato con la mamma: avrebbero preparato anche loro una torta e qualche biscotto da fare trovare ai nonni, saranno sicuramente stanchi dalla lunga camminata… che poi: chissà dov’è questo altro mondo dove adesso si trovano i nonni?!
Aveva chiesto a papà di lasciare il posto libero al parcheggio di sotto, nel caso fossero venuti con l’auto, e di non chiudere a chiave la porta di casa, magari avevano perso le loro chiavi, chi poteva dirlo.

L’1 novembre a scuola era festa: aveva trascorso la giornata a pensare a quello che avrebbe detto ai nonni e a ripetere la filastrocca che la mamma gli aveva insegnato: “Armi santi, armi santi. Io sugnu unu e vuatri siti tanti. Mentri sugnu ‘ntra stu munnu di guai, cosi di morti mittiminni assai”. Che poi: che voleva dire? Ma non importava: era stata nonna a insegnarla alla mamma e a lui bastava così. I nonni: chissà se erano felici di rivederlo. Lo avrebbero riconosciuto? In fondo era cresciuto dall’ultima volta, la mamma non faceva che dire che cresceva troppo e che i vestiti erano sempre piccoli.

A cena si sentiva così emozionato che non aveva toccato cibo. Non vedeva l’ora che il tempo passasse. Si era preparato con cura: aveva fatto il bagno, pulito le orecchie e persino tagliato le unghie dei piedi senza fare storie, la nonna ci teneva, lo controllava sempre. Aveva indossato il suo pigiama più bello, pulito e profumato. E si era messo ad aspettare. “Lascio l’abat jour accesa” – aveva detto alla mamma. “Guarda che se vedono la luce, i nonni non vengono a portarti i regali” - lo aveva fatto desistere lei, nascondendo un dolce sorriso. Ma al buio era davvero difficile restare svegli. “Non devo dormire” – continuava a dirsi. Tv, giochi, un libro. Aveva persino pensato di fare i compiti per la scuola pur di stare sveglio, ma poi ci aveva presto ripensato. Ma era dura, durissima: il silenzio così invitante, il letto così comodo e caldo. “Solo un minuto, chiudo gli occhi solo per un minuto” – aveva deciso.

Ci aveva pensato la prima luce del giorno a svegliarlo. E dei nonni nessuna traccia.

È deluso, triste, anche arrabbiato. La maestra lo aveva preso in giro, non c’è nessuna festa dei morticini. E i nonni poi, si erano già dimenticati di lui, lo sapeva, altro che dolcetti e regali. Come avevano potuto farlo? Strizza gli occhi e tira su con il naso, gli viene da piangere, ma a sette anni non si piange mica per queste cose. Nonno? Nonna? Dove siete? Getta le coperte a terra, si toglie di dosso quello stupido pigiama, mette la tuta e il grembiule: “Mi sentirà la maestra!” Cerca le scarpe, “Dove le avrò messe? Ah sì, sotto il letto”. Si abbassa e la vede.

Una grande cesta coperta da una strana carta trasparente, sopra un fiocco rosso. Gli manca il fiato. La avvicina a sé. Strappa la confezione e la ammira. È piena di dolci, biscotti, frutta martorana e persino una barretta di cioccolato alle nocciole. Ci sono anche due giocattoli, proprio quelli che avrebbe tanto voluto ricevere - ne aveva parlato con mamma giorni prima. Infine una busta. Bianca, piccola. La apre e legge, perché lui ormai è grande, sa leggere. “Sei nel nostro cuore. Ti vogliamo bene. I nonni”.

È felice. Piange - chi se ne importa se ha “ormai” sette anni… Ha fatto proprio bene a credere a questa strana festa dei morticini!

Ai nostri nonni, ai nostri cari, ai nostri amici.